giovedì 30 marzo 2017

Quando l’alcol fa bene alla salute. Come "curarsi"con vino e birra

Imperano sulle nostre tavole da sempre, protagonisti indiscussi di menù, brindisi e cene. Ma vino e birra non hanno solo aspetti goliardici. Dietro a bouquet fruttati e schiume bianche nascondono anche proprietà benefiche.

POCHE CALORIE
Innanzitutto va detto che la birra è meno calorica delle bibite gasate (43 calorie per cento grammi) e non ha conservanti artificiali. La sua ricetta è rimasta inalterata e naturale (malto, orzo, luppolo e lieviti) dai tempi dei Sumeri. Analizzandola in laboratorio, si scoprono tutte le sue qualità nascoste. Ad esempio combatte le notti in bianco: contiene infatti l'acido nicotinico e la lattoflavina che aiutano a conciliare il sonno. Qualche esperto di benessere la consiglia anche per pediluvi naturali: lievemente effervescente, solletica e rilassa i piedi. Ha un alto contenuto di flavonoidi che contribuiscono all'aumento della calcitonina, essenziale per prevenire i danni alle ossa dopo la menopausa. Bionda o rossa che sia, aiuta persino a ridurre il rischio di attacchi di cuore in una percentuale che supera il 40%: è stato infatti dimostrato che il lievito di birra contribuisce a combattere il colesterolo cattivo e a prevenire l'ostruzione delle arterie. Vari studi dimostrano che il contenuto di silicio previene problemi cognitivi e la perdita di memoria. E una o due birre al giorno aiutano anche a mantenere puliti i reni. Una ricerca condotta in Finlandia ha dimostrato che il consumo di una bottiglia al giorno può quasi escludere il rischio di calcoli renali. Tutto merito dei luppoli, che aumentano il calcio nelle ossa, e dell'acqua, che rappresenta più del 90% della bevanda. La birra scura contiene vitamina B3, fondamentale per la riparazione cellulare, vitamina B6, alleata per attutire le sindromi premestruali, e B9 (acido folico), utile a prevenire il cancro al colon retto. Grazie alle fibre, la birra migliora la digestione e agisce come lassativo. Dulcis in fundo, migliora la vista. Vari studi condotti negli Stati Uniti e in Canada hanno scoperto che la birra riduce il rischio di cataratte. Diagnosi finale: non è affatto necessario rinunciare a gustarsi una pinta fresca, anzi, è quello «strappo alla regola» che, tutto sommato, ci fa stare un po' meglio.
MEGLIO ROSSO
Idem per il vino. Anche dentro al calice si possono trovare proprietà che fanno bene. Pur essendo più alcolici della birra, rosso (soprattutto) e bianco (in base agli studi più recenti) possono rappresentare un aiutino al benessere dell'organismo. Innanzitutto aiutano a controbilanciare i danni deleteri del fumo, regolando gli effetti che il tabacco provoca nei vasi sanguigni. Il rosso «pulisce» l'endotelio, uno strato di cellule che riduce l'attrito tra i vasi linfatici e i vasi sanguigni ma che soprattutto riveste la superficie interna del cuore. E poi si sa che un bicchiere al giorno contribuisce a prevenire le malattie alle coronarie e ad abbattere il colesterolo cattivo. Non solo, ha anche un effetto anticoagulante. Significa che fa calare il rischio di trombosi. Sorseggiare un buon calice può anche prevenire la comparsa di arteriosclerosi, una delle malattie causate dalla degenerazione e dall'irrigidimento delle arterie. L'alcol contenuto nel vino, grazie alla formazione di ossido favorisce il rilassamento delle pareti arteriose.
Altra curiosità: regola la pressione. Anche se si sa che il consumo eccessivo di alcol provoca ipertensione, bere un bicchiere di vino (massimo 250 ml) riduce la pressione dopo aver mangiato. Più in là si va con l'età, meglio è accompagnare i pasti con un po' di rosso. Le ricerche dimostrano che il resveratrolo (un componente del vino) ha effetti neuroprotettori e tiene lontano l'Alzheimer e la demenza senile. Tuttavia sulla sostanza restano accesi i dibattiti tra gli istituti scientifici. Certo è che il vino previene i raffreddori, riduce la possibilità di ammalarsi di cancro alla gola o alla prostata, riduce il fastidio delle emorroidi.
Come mai il rosso è più efficace del bianco? Il segreto è nei polifenoli che provengano dalla buccia e dai semi dell'uva, protettori numero uno del cuore. Il vino bianco invece non li contiene poiché si prepara utilizzando solamente la polpa dell'acino. «Pur essendo meno tannico, il bianco ha un effetto positivo sulle piastrine - sostiene Carlo Agostoni, esperto di nutritone al Policlinico di Milano -, Solitamente è lo spessore del vino ad indicarne le qualità sane. Tramite la quercetina (gruppo dei flavonoli) ha effetti fluidificanti, antistipsi, aiuta ad assorbire il ferro». In Norvegia è stato effettuato uno studio, su un campione di oltre 60mila persone, per dimostrare i benefici di birra evince
La conclusione è stata che chi beve tre o quattro bevande alcoliche alla settimana ha il 33% di possibilità in meno di soffrire di insufficienza cardiaca rispetto agli astenni. «Vino e birra hanno attraversato al storia - sostiene Agostoni - Non leviamoli dalle nostre tavole. Usarli nel modo giusto fa parte di una cultura nutrizionista corretta, in base alla teoria: un po' di tutto e non troppo dl niente».



Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/salute/medicina-e-salute-1377613.html


sabato 25 marzo 2017

Quel sepolcro vuoto che ci invita a restare uomini

Tutto il cristianesimo - sosteneva Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia analitica - poggia sul vuoto. «Quello del sepolcro di Cristo, risorto. È questo vuoto la sua forza più potente». In effetti le antropologie del vuoto, tra le quali il buddismo con al centro la sua idea di vacuità, sono più consistenti di quelle del pieno, come il paganesimo; fatalmente smentite dalle inevitabili esperienze della sconfitta e della morte.



Eventi inconcepibili per quelle divinità. Come per l'islam, che vede in esse solo un segno della natura umana di Cristo. Nell'antropologia cristiana invece, sofferenza e morte si vincono attraversandole fino in fondo. Innanzitutto con l'esperienza della croce, considerata (anche da Costantino) segno di vittoria. Soprattutto però con il colpo finale più potente, nei Vangeli non descritto ma lasciato all'immaginazione, e di cui si vedono invece le conseguenze. La grande pietra che chiudeva il sepolcro spinta lontano. E Gesù risorto.

Hadjadj riconosce subito che «il miracolo dei miracoli è un miracolo vuoto». Il vuoto necessario perché l'uomo lo possa occupare. È il gesto della madre, che fa posto alla creatura, nutrendola con le viscere e con il calore. Il sepolcro si fa utero, primo scenario della risurrezione, della quale l'uomo si deve nutrire per diventare pienamente umano. E quindi divino. Il Risorto è un Dio che, nella sua lezione di umanità, comincia la sua gloria con il «semplice gesto di una lavandaia: il telo intatto e il sudario posto da parte». La «mistica dei lavori domestici» contrapposta all'aspettativa «del grande spettacolo o della prova di forza». Il sepolcro è vuoto, ma la biancheria è a posto, e ripiegata.

L'assassino «sono io, ossia anche tu, caro lettore» ma dov'è il corpo? I dignitari ebraici hanno dato prontamente una borsa d'oro alle guardie, per mettere in giro la voce che è stato rubato. Ma lui dov'è? Il caso non è affatto facile. Intanto, la prima ad arrivare al sepolcro, Maddalena non riconosce il Risorto, dietro di lei. È incerta se quell'uomo sia il giardiniere incaricato di tenere in ordine la tomba, o addirittura il ladro del cadavere. Non è però lei ad essere distratta, o stupida. Il fatto è che il Risorto non è un dio che vada in giro tra schiere di angeli fiammeggianti e con le trombe: è un uomo come gli altri, che così mostra come accettando la croce, senza montarsi la testa, tutti possiamo risorgere. Ricordando però alcune cose, già spiegate nelle scritture bibliche precristiane, ma indispensabili anche per un corretto uso della risurrezione.

Hadjadj, nato all'inizio degli anni '70 nell'ebraismo e arrivato al cattolicesimo attraverso le diverse fedi secolari che hanno da allora spopolato (e spappolato molti), sottolinea i richiami alla tradizione biblica, su cui il Risorto insiste nei suoi incontri con gli apostoli. Perché come dice Abramo nella parabola al ricco Epulone (Luca 16, 27-31), quelli che «non ascoltano Mosè e i profeti non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»: la risurrezione per loro è inutile. Anche i due discepoli che vanno ad Emmaus sono terrorizzati dalla morte e successiva scomparsa del corpo di Gesù, e hanno dimenticato le parole e i passi di Mosè e i profeti che l'avevano annunciata. Cristo li avvicina come un anonimo, qualsiasi viandante, un «altro» accanto e come loro, e gliele ripete tutte, quelle parole. Le parole del compagno sollevano i viandanti, che continuano però a non capire chi egli sia. Solo a tavola, quando spezza il pane lo riconoscono. Perché certo, è risorto, cammina e parla e mangia come tutti gli altri, ma il corpo in cui ormai viene riconosciuto e profondamente incontrato è il pane e il vino, il corpo e il sangue, in cui ad ognuno si offre. È anche per questo, sostiene Hadjadj, che Gesù chiede alla Maddalena di non toccarlo. Non per reazione puritana (il contrario della psicologia del Risorto) ma perché non vuole essere soltanto toccato. Ma mangiato. Vuole entrare dentro di lei. Nutrendo la sua umanità di donna, e così la sua risurrezione divina.

Come intuisce anche Tommaso. Lui non vuole storie, ma andare al sodo delle ferite, mortali. «Vedere il segno dei chiodi, e metterci il dito dentro, e le mani nel costato». È un empirista, come ogni fedele autentico, non un isterico che si accontenta di suggestioni. E il Risorto gli dice di farlo, di mettergli il dito e le mani dentro. La risurrezione è la gloria del corpo ferito e piagato: è quella la strada per lo Spirito. L'essenziale infatti, e Hadjadj lo racconta molto bene attraverso i Vangeli «non è la rianimazione del morto, ma il risveglio del vivente». Che si realizza «col sacramento di una risurrezione interiore che agisce fin da subito: un rinnovamento del respiro, una trasfigurazione della linfa del potere più soprannaturale e più necessario al quotidiano: quello del dono e del perdono». Non conservare la propria piccola vita ma accoglierla in maniera debordante per donarla. È dal corpo, dalla ferita che si passa per ricevere il soffio vitale dello Spirito. Dalla spada (non la pace) che Gesù aveva annunciato di portare fin da subito (Matteo 10, 34-38). Attraverso il riconoscimento dei conflitti, non la loro copertura o rimozione. Il Risorto, la carne del quale racconta la sua storia, e quella del mondo, consente la risurrezione di chi è disposto a riconoscere e incorporare tutta questa sofferenza e gioia dentro di sé, nella propria anima e carne. È agendo da questo concretissimo «passaggio al corpo, e al basso» (già cominciato del resto con la sua Incarnazione), e non da una qualsiasi grandiosità, che Gesù risorto può far scendere dall'alto lo Spirito. Pietro sarà Papa perché è stato il peggiore di tutti e lo riconosce. Non c'è alto e basso, c'è il vivente. Anche per questo, dopo la Risurrezione il Vangelo va proclamato ad ogni creatura, come San Francesco fa subito, parlando (per esempio con gli animali) appunto «lingue nuove» come Gesù comanda. E forse, insinua Hadjadj, il «prendere in mano i serpenti e bere veleni senza danno» (Marco 16, 15-18) ha già a che fare con l'uso del Mac e di Internet senza «perdere la presenza», cioè impazzire... Forse. Questa è infatti la grande sfida ed opportunità che il Risorto pone all'uomo di oggi: imparare dalla risurrezione a rimanere umani, senza lasciarsi conquistare dai due grandi deliri di grandiosità superomistica del nostro tempo, il tecnicismo e l'islamismo. Si tratta di rimettere la tecnologia nella sua storia forte al servizio dell'uomo, a partire dal bastone e della vanga, lasciando perdere i programmi di sostituirlo con macchine o esseri fabbricati artificialmente. Poi eventualmente soppressi con pietose (e tecnologiche) eutanasie. Una tecnologia (richiesta anche da grandi scienziati o capitalisti come Peter Thiel), che serva l'uomo, e non se stessa e le avidità della finanza. L'altra sfida è quella del delirio di grandiosità religiosa: gli aspetti dell'islamismo che chiedono a Dio, incarnato nel piccolo Gesù e risorto nell'uomo della vita quotidiana di sottomettersi a chi grida Allah Akbar. La risurrezione, con la sua pienezza umana e divina, ci mostra le bellezza dell'uomo, e l'inutile (e già nota) follia del superuomo.





Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/sepolcro-vuoto-che-ci-invita-restare-uomini-1378956.html

mercoledì 22 marzo 2017

Chi è The Advert Platform

Stiamo vivendo un periodo di fortissimi cambiamenti tecnologici, soprattutto grazie all'arrivo di internet che ha cambiato il nostro modo di comunicare, di informarci, di fare acquisti e in generale di relazionarci e di connettere tra noi.

Il nuovo trend è la pubblicità online ed il profit-sharing (condivisione dei profitti)


Ecco cosa è The Advert Platform: una piattaforma pubblicitaria di profit- sharing, cioè di condivisione dei profitti con gli utenti.
Si tratta di un nuovo trend di mercato, che rende gli utenti partecipi effettivi della crescita di un'azienda. Non c'è da stupirsi in un mondo sempre più "social" che sempre più aziende (di internet e non solo) si interessino a ricompensare i proprio utenti, fidelizzandoli in questo modo ad un determinato sito web o ad un prodotto/servizio.

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lunedì 20 marzo 2017

Lavorare tanto, guadagnare zero: l’incubo di una generazione

Siamo una generazione cresciuta a pane ed etica del lavoro: sapevamo che avremmo dovuto studiare molto, e bene, per poter avere un lavoro degnamente retribuito. Sapevamo che nulla ci sarebbe stato regalato, ma che seguendo un percorso stabilito da qualche parte saremmo arrivati: medici o avvocati, giornalisti o professori.
Invece qualcosa, lungo il percorso, si è spezzato: qualcuno l’ha chiamata globalizzazione (e cambiamento tecnologico), qualcuno debito pubblico e paralisi dello Stato, qualcun altro crisi economica. Ma quello che è accaduto è non tanto che a quei posti non siamo mai arrivati – o meglio sì, specie se pubblici, ad esempio professori universitari, ministeriali, dirigenti pubblici, ruoli ormai impensabili – ma che quando ci siamo arrivati il lavoro si era improvvisamente svuotato del proprio senso. E insieme del suo compenso.
Lavorare tanto, guadagnare zero: l’incubo di una generazione
In altre parole, siamo arrivati anche noi, come la generazione precedente e anzi molto di più, carichi di titoli di studio. E siamo diventati anche noi dipendenti di aziende o, molto più spesso che in passato, liberi professionisti, free lance in ogni settore. Niente di più falso dunque che affermare che il lavoro sia finito. No il lavoro c’è, ma non è retribuito. Oggi le nostre giornate di lavoro sono lunghissime. Cominciano la mattina presto, finiscono tardi, quando finiamo di rispondere agli ultimi messaggi o sistemare le ultime cose. Nel frattempo si è moltiplicato il lavoro sui social media, strumento fondamentale per promuovere tutto ciò che facciamo. Così siamo sempre incastrati al telefono, andiamo a prendere i nostri figli parlando e organizzando incontri, cuciniamo scrivendo mail, e ancora a letto lavoriamo e lavoriamo.
Peccato che i nostri redditi abbiano subito una picchiata fragorosa e sconcertante: i dipendenti hanno stipendi sempre più magri, tutele meno floride che in passato, e vivono spesso in un clima fatto di paura e terrore, visto che possono essere spazzati via facilmente. I liberi professionisti hanno entrate ancora più misere, visto che le commesse sono sempre meno pagate, anzi vengono continuamente tagliate. E su quei redditi lordi bisogna pagare le tasse, i contributi (che possono arrivare quasi al 30 per cento), l’assicurazione medica, la formazione obbligatoria per chi fa parte di ordini, tutte le spese dello studio, la macchina e così via. Alla fine, restano poche briciole, e arrivare a uno stipendio a fine mese è qualcosa di arduo.
Ne conoscono a dozzine di gente così, in particolare donne: laureate, iperformate, anche – e parecchio – digitalizzate, spesso titolari di piccole imprese in proprio, spesso fondatrici di micro start up, oppure scrittrici, ghostwriter, giornaliste, avvocate, e via dicendo. Tutte lavorano con serietà spaventosa, tutte – mi dicono – non riescono a portare a casa più di poche migliaia di euro l’anno. Eppure dalla mattina alla sera si dedicano con serietà alla loro occupazione, che sia all’interno di uno studio oppure freelance, talvolta a casa, oppure in co-working. Lavorano, lavorano, lavorano e non guadagnano. E certe volte, sconfortate, si chiedono tra le lacrime dove hanno sbagliato, che cosa potrebbero fare di più di quello che fanno, che futuro le aspetta.
Io non so come consolarle, se non dire loro che no, non hanno sbagliato in nulla, si sono adattate, continuano ad adattarsi, a formarsi, a cercare di seguire anche i cambiamenti tecnologici, fondamentali nei loro lavori. Il problema non sta in loro, ma in come è cambiato il lavoro: svuotato, impoverito, devalorizzato, non più in grado di garantire il mantenimento, proprio quello a cui il lavoro dovrebbe servire. Oggi si lavora per lavorare, c’è un’enorme mole di lavoro non retribuito che serve per andare a trovare quelle zone ormai rare di lavoro ben pagato, anzi pagato il giusto, com’è stato fino agli anni Duemila, quando qualcosa si è inceppato per sempre. Lavora bene chi ha una famiglia benestante, lavora bene chi già ha un reddito. Un paradosso. Gli altri continuano cercando di sopravvivere alle commesse intermittenti, ai tagli continui, alla contrazione delle retribuzioni. Magari hanno figli, e fanno sempre più fatica a mandare avanti la famiglia. È il ceto medio impoverito, i working poor, di cui tanti libri e saggi hanno parlato.
Solo che quei working poor siamo noi, sono i nostri amici, quelli che non sono emigrati, sono tutti quelli degli anni Settanta e Ottanta che hanno studiato tanto per ottenere nulla. Ancora più sfortunati quelli che vivranno dopo, anche se almeno hanno sviluppato una maggior praticità e un giusto cinismo: studiano di meno, smettono la scuola, oppure si laureano solo ed esclusivamente nelle poche lauree richieste dal mercato. La maggior parte, però, se ne va, ancor più dei loro colleghi più anziani. Quelli che hanno visto inutilmente studiare, formarsi, mettersi a totale disposizione del datore di lavoro, per poi ritrovarsi a lavorare pesantemente tutto il giorno ma non guadagnare quasi nulla.
Di chi è la colpa di questa situazione? Per l’Italia, di generazioni precedenti che hanno rapinato tutte le risorse e continuano a rapinarle ancora oggi, settantenni ancora avidi di poltrone. Poi una classe politica che non sa più cosa significhi proteggere il lavoro, anche perché non ha idea di come il lavoro sia cambiato, di cosa sia diventato, non conosce le nuove tecnologie, non sa nulla di nulla. L’unica cosa che sa è fare leggi, come il Jobs Act, che consentano alle aziende di fare praticamente qualunque cosa sulla pelle dei lavoratori e al tempo stesso che legano le mani ai giudici del lavoro, molti dei quali lamentano l’impossibilità, oggi, di difendere davvero i lavoratori vessati e oppressi come loro vorrebbero. Infine di un’Europa cieca di fronte a paesi che hanno generazioni di giovani e di genitori – specie donne, specie madri – che non riescono ad avere redditi sufficienti per mantenersi, mentre sono prive di qualsiasi forma di sussidio che ovunque in Europa esiste, o di reddito di cittadinanza, l’unica misura che riuscirebbe a sostenere i working poor e il ceto medio impoverito.
Questo ceto medio, fatto sempre più di giovani, ormai vota solo i cosiddetti partiti “populisti”. Sta cambiando la geografia dell’Europa, e progressivamente del mondo. Il motivo è solo un0: aver perso non tanto il lavoro, quello ce n’è per tutti, ma il reddito che da quel lavoro dovrebbe scaturire. E con esso la dignità di esseri umani, persone, genitori capaci di sostenere  i propri figli senza ricorrere all’elemosina dei parenti. Per coloro che ce l’hanno.

https://beta.theadvertplatform.com/capture-lead/vtwo/0001428260

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/18/lavorare-tanto-guadagnare-zero-lincubo-di-una-generazione/3458410/

giovedì 16 marzo 2017

Un grandissimo Diego Fusaro

Ecco la sublime idea di Orlando, la sua deliziosa intuizione, la sua illuminazione a tal punto geniale da fare impallidire ogni fine politologo, da Aristotele a Croce: “una marcia pro-migranti per unire il Pd“. Non è una notizia “fake”, come ora si è soliti chiamare le bufale con le grammatiche di Nuova York. È una notizia reale che rivela, di fatto, come la realtà abbia oltrepassato la fantasia e le “fake news” di ogni genere. 
La formula magica per ricompattare il Pd è trovarne il coefficiente valoriale di unità: non il lavoro, non la difesa dei diritti sociali in fase di decomposizione, non la lotta contro le sempre più feroci e abominevoli disuguaglianze. No. Niente di tutto ciò. Cose da museo e da rottamare, direbbe il nichilista postmoderno di Firenze. 
Il valore unificante del Pd – ci suggerisce genialmente Orlando – è la lotta in nome dell’immigrazione di massa: sempre senza dire – mi raccomando – che l’immigrazione di massa è oggi un’immensa deportazione di massa di esseri umani a beneficio dell’auri sacra fames del capitale e dei signori apolidi del mondialismo.
Ecco spiegato il segreto dell’immigrazione. Ecco spiegato perché la Destra del Denaro strutturalmente la vuole e la Sinistra del Costume sovrastrutturalmente la difende (Orlando, Boldrini, Vendola, ecc.). 

Diciamolo apertamente e senza infingimenti: se le inventano tutte pur di non dover difendere i lavoratori e i diritti sociali e, in modo convergente, pur di non dover lottare contro quel capitale di cui sono servi in cattiva fede. E dire che pochi giorni fa avevano lanciato lo slogan “ripartiamo da Gramsci”. Vogliono, invece, ripartire dalla signora Boldrini e dal mito immigrazionista, grande totem della mondializzazione capitalista che tutti ci vuole sradicati e migranti.

martedì 14 marzo 2017

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Una legge elettorale anti-M5s non esiste, risparmiatevi lo sforzo

Una legge elettorale anti-M5S non esiste dunque si rafforza la Grande Paura dell’establishment della politica (parola che oggi sostituisce quella più complessa di Sistema). I sondaggi da tempo parlano del M5S come prima forza politica del Paese, dando concretezza alla preoccupazione di tutte le vere forze politiche “antagoniste”: la vittoria dei cinquestelle alle elezioni. Certo, in qualsiasi Paese normale, un movimento popolare attirerebbe l’attenzione degli analisti, mentre sarebbero gli altri partiti, “gli antagonisti”, a contrastare i desideri del popolo sovrano. Ma l’Italia rappresenta da sempre, calvinianamente, il mondo alla rovescia. In tv si parla solo degli errori dei cinquestelle, nessuna notizia delle cose fatte e dei successi ottenuti, Bagheria docet. Intanto nessuno commenta quando, al Lingotto, si oscura completamente il caso Consip.

Una legge elettorale anti-M5s non esiste, risparmiatevi lo sforzo

Ma in cosa consiste la Grande Paura per i politicanti nostrani? Il M5S potrebbe arrivare al 40% ed è l’unica forza oggi in grado di farlo. Come? Facciamo un po’ di “fantapolitica”. Luigi Di Maio ha già annunciato che, dopo Roma, il Movimento ha imparato la lezione e si presenterà alle elezioni con la squadra di governo pronta e pubblica per gli elettori. Programma e ministri prima del voto per chiedere agli italiani di scegliere il proprio governo attraverso un voto di massa. Attualmente un terzo dei votanti sceglie il M5S quasi al buio, senza conoscere i leader e protagonisti. Quanti sanno chi è Salvatore Micillo, primo firmatario della legge sugli ecoreati? E quanti hanno letto l’analisi di Nicola Morra sulla corruzione nella sua intervista a Davigo? Sicuramente pochi. Vi assicuro che su questi due temi c’è la spiegazione a tutti i nostri perché.

Ecco che allora possiamo spiegarci la Grande Paura. Se i pentastellati si presentassero prima del voto (mi scuso con i personaggi che citerò per mero scopo esemplificativo) con una squadra di governo con personalità tipo Gino Strada alla Sanità, Salvatore Settis all’Ambiente ed alla Salvaguardia del paesaggio, la Gabbanelli alla Pubblica Amministrazione, Rodotà alla Giustizia, Cottarelli all’Economia, Petrini di Slow food all’Agricoltura, Landini allo Sviluppo economico, la Gianotti agli Esteri, uno come Nando dalla Chiesa agli Interni – tutti richiamati in servizio, per salvare il proprio Paese, magari tutti preventivamente scelti online attraverso apposite liste e consultazioni capillari – pensate che avrebbero difficoltà a raggiungere il 40%?

Possono fare qualsiasi legge elettorale, per arginare la crepa nella diga, ma l’acqua continuerà il suo inesorabile corso. Tutti cercano di bloccare il M5S e più inventano ostacoli più il Movimento cresce, perché di ostacoli si nutre. Il fenomeno ha avuto finora il grande merito di impedire la deriva violenta che pur cova nella nostra società. Ed assistiamo al paradosso che invece di “coccolare” un Movimento che ha convogliato l’indignazione popolare nelle istituzioni con straordinario successo (nel paese che voleva trasformare Verdini in padre costituente), l’establishment lo denigri continuamente. Insomma gli esperti di flussi hanno ormai capito che se il 30% è lo zoccolo duro del consenso del Movimento, con i ministri e la squadra di governo annunciata prima del voto, il raggiungimento del 40% per i cinquestelle sarebbe una passeggiata. Tutte le mamme e le zie lo sanno: quando monti la panna, poi tornare indietro allo stato liquido è impossibile.




Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/14/una-legge-elettorale-anti-m5s-non-esiste-risparmiatevi-lo-sforzo/3450190/

sabato 11 marzo 2017

Essere europeisti veri significa essere contro la UE

Lo sanno bene i lavoratori. Non dico gli intellettuali, che – secondo la sempre valida analisi di Gramsci – vivono a mo’ di casta elitaria disconnessa dalla realtà. Dico i lavoratori, le classi che vivono del loro lavoro: sanno bene che l’euro ha rimosso 150 anni di diritti sociali ed è quindi il compimento delle politiche neoliberali. Sanno benissimo che l’euro non ha portato emancipazione e sviluppo. Lo sanno bene, giacché quotidianamente lo esperiscono sulla propria carne viva. 
Il nobile sogno del Kant di “Per la pace perpetua” (1795), ovvero l’Europa unita dei popoli liberi e uguali, che si riconoscono mantenendo la loro tradizione e la loro cultura, si è capovolto nell’odierno incubo eurocratico: incubo che, a ben vedere, è il pervertimento esatto di quel sogno. 
Chi ama Kant e l’Europa non può non essere contro l’Unione Europea, che di Kant e dell’Europa segna il più bieco rovesciamento. L’Unione Europea è oggi solo la maschera del capitale finanziario e del sistema bancocratico che sta letteralmente uccidendo l’imprenditoria italiana e i lavoratori italiani. 
La verità è che oggi se si è europeisti si è contro l’euro e contro L’Unione Europea (stante la piena coincidenza tra le due cose): proprio perché l’euro è il pervertimento di quel sogno di un’Europa di popoli e di stati liberi e uguali, bisogna essere contro l’Europa. 
Paradossalmente gli anti-europeisti sono quelli che stanno con l’euro oggi, perché di fatto sono conniventi rispetto a questo sistema perverso che nega il sogno europeo. Essere per l’euro significa essere per la nuova forma della violenza economica. 
Abbiamo capito tutti che oggi la Germania sta facendo con l’euro ciò che fortunatamente non era riuscita a fare con i carri armati. Da questo punto di vista, credo si possa dire che stiamo pienamente vivendo in quella che Nietzsche, sul finire dell’Ottocento, aveva profetizzato come “l’epoca tragica per l’Europa” (paragrafo 37 della “Volontà di Potenza”): “L’epoca tragica per l’Europa”, il “nichilismo europeo”. De nobis fabula narratur.






Fonte: http://www.forzadelpopolo.org/essere-europeisti-veri-significa-essere-contro-la-ue/

Whatsapp si apre al business, a caccia di risultati economici

Tanti aggiornamenti, tra cui quello che ha portato anche Whatsapp sulla strada già tracciata da Snapchat prima e poi da Instagram e Facebook, con le Storie, ormai formato condiviso tra molte piattaforme, ma uno - potenzialmente più importante - che ancora deve essere annunciato.
Sono indiscrezioni della Reuters a dire che ora la piattaforma di messaggistica ha in mente un altro balzo in avanti, uno che possa far fruttare in termini economici la massa costituita dal miliardo di utenti dell'app, permettendo alle società che fanno business di mettersi direttamente in contatto con loro.


Una serie di "test sono in corso con una manciata di compagnie", dice Reuters, specificando come, dopo l'acquisto da parte di Facebook, Whatsapp non abbia davvero sviluppato un modello di business. E stia ora considerando la possibilità di far pagare le società in cambio dell'accesso a un bacino d'utenza enorme.
Una delle ipotesi è quella di permettere di contattare i clienti proprio attraverso Whatsapp, ma evitando ogni tentativo di comunicazioni moleste o insistenti, che potrebbero allontanare i clienti, invece che portare a risultati economici.


Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/tecnologia/whatsapp-si-apre-business-caccia-risultati-economici-1373616.html

giovedì 9 marzo 2017

Wikileaks, alla Cia ci spiano? Magari fossero solo loro

Lo ammetto: ogni tanto i media sono divertenti nel loro essere naïf. Oggi tutti urlano allo scandalo: la Cia (Central Intelligence Agency) ci spia. Anzi, come riporta il file di Wikileaks, l’agenzia dei servizi americani è ancora più curiosa dei nostri affari di quanto già non sapessimo. Perché trovo la cosa divertente? Perché se l’attività di data gathering (raccolta dati e conseguente analisi) fosse operata solo dalle agenzie dei servizi segreti nazionali (quindi si suppone autorizzate da un mandato governativo a proteggere la propria nazione, popolazione e conseguenti interessi nazionali), io starei tranquillo.
Wikileaks, alla Cia ci spiano? Magari fossero solo loro
Ma cosa succede se la stessa quantità di raccolta dati, raffinazione, elaborazione e valorizzazione (schedatura, profilazione, ingaggio ecc…) venisse fatta ogni giorno, ogni ora, ogni secondo da aziende private, il cui scopo dichiarato è migliorare la qualità del loro servizio? Qualcuno si è mai posto la domanda su come faccia Google o il browser Chrome (del gruppo Google) a sapere in anticipo cosa state cercando? Non sono dei geni ma, grazie a una serie di parametri e relativi algoritmi, possono prevedere (con un certo margine) cosa vi può interessare (sulla base delle vostre precedenti sessioni di attività in rete).
Ovviamente si dirà che Google utilizza queste informazioni per scopi commerciali, che non conserva informazioni sensibili (dati medici, sessuali, religiosi e qualunque altro dato che possa portare a rischi di discriminazione). Già nel 2012 Google dovette fare due chiacchiere con il governo americano per spiegare perché conservava così tanti dati. Se volete approfondire qui trovare il resoconto dell’incontro governo Usa-Google.
La Federal Trade Commission americana scoprì poco dopo che Google aveva posizionato dei cookies per tracciare le attività on line delle persone che usavano il browser Safari. Google aveva trovato una falla nella sicurezza di Safari e sfruttava le informazioni raccolte per migliorare la sua qualità di pubblicità (miglior abilità di intercettare gli “interessi degli utenti” sulla base delle informazioni che essi disseminavano in rete). Per questa ragione il gruppo americano aveva pagato una multa record di 22 milioni di dollari.
Facciamo un altro esempio di quanto dannoso potrebbero essere (usiamo il condizionale) l’utilizzo di dati in ambito finanziario. Lo sfruttamento dei dati su base razziale ha contribuito allo scenario dei mutui subprime (chi non potendoselo permettere si indebitava per comprare una casa in Usa), come ben spiegato da questa analisi. La pratica si applica nel prendere come bersaglio utenti di colore con uno storico di garanzie bancarie (necessarie per accedere ad un mutuo) pessime. L’industria dei mutui e prestiti appare essere una delle aree di maggior interesse con keyword particolarmente utilizzate, come riporta questa analisi di Wordstream, una compagnia specializzata ad aiutare le aziende a fare offerte efficaci su Google Ads. Tra i maggiori interessati ci sono quelli che promuovono prestiti giornalieri per chi non ha conti bancari e apre un finanziamento breve dando come garanzia l’assegno dello stipendio successivo. Queste tipologie di prestiti molto aggressivi sono stati vietati o circoscritti da molti Stati americani.
Sia Google che Facebook si posizionano come grandi difensori della privacy. Tuttavia pochi anni fa, quando lo Stato della California propose una legge per permettere ai singoli utenti di visionare che tipo di dati i gruppi media collezionassero, le compagnie di Silicon Valley si attivarono per uccidere la legge.
Governi e aziende in futuro acquisiranno sempre più informazioni su tutti noi. In molti casi ci facilitano la vita, portandoci a trovare subito quello che ci interessa, o a prevengono eventi terroristici (con la premessa che i terroristi siano in rete, diversamente questa digital intelligence si applica alla popolazione nativa, non straniera). Tuttavia se oggi siete scioccati da cosa fa la Cia (autorizzata dal governo) domandatevi cosa fanno gruppi come Facebook e Google con tutti i vostri dati. Lo sapete?



Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/08/wikileaks-alla-cia-ci-spiano-magari-fossero-solo-loro/3438421/

martedì 7 marzo 2017

Ingrottiamoci

Il mondo è pieno di magnifiche grotte da esplorare. Da quelle sacre thailandesi, con tanto di altari e sculture sotterranee, a quelle neozelandesi, illuminate da un verme fluorescente, dalla cattedrale di marmo in Patagonia, al complesso cinese di Guilin.

E ancora le grotte blu islandesi, quelle fatate della Malesia, dei cristalli in Messico, lo splendido Antelope Canyon in Arizona.

cenote messicano di ek balam
Cenote messicano

antelope canyon in arizona
Antelope Canyon in Arizona

cattedrale di marmo in cile
Cattedrale di marmo in Cina

grotta dei cristalli in messico
Grotta dei cristalli in Messico




Fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ingrottiamoci-mondo-pieno-splendide-grotte-quelle-blu-142994.htm

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domenica 5 marzo 2017

Attività fisica: regole e consigli

L’attività fisica non si improvvisa, o meglio, per ottenere benefici è necessario svolgerla con consapevolezza e attenzione.

Risultati immagini per attività fisica

Riportiamo qui sotto alcune regole da tenere sempre a mente:

1)  Prima di iniziare, prenota una visita dal tuo medico e un appuntamento con un professionista laureato in Scienze Motorie. Questi esperti sapranno valutare correttamente le tue condizioni fisiche e definire un programma personalizzato sulle tue esigenze, in particolare se soffri di specifiche patologie a carico del sistema cardiocircolatorio o dell’apparato muscolo-scheletrico.

2)  Se non fai attività fisica da tempo è opportuno che inizi a svolgerla a bassa intensità e per un tempo non troppo prolungato. Aumenterai via via intensità e ritmo nel tempo, dopo aver acquisito maggior sicurezza e controllo del tuo corpo, che con il passare delle settimane sarà in grado di sopportare sforzi più intensi e/o prolungati.

3)  Datti degli obiettivi, adeguati alla tua preparazione di partenza e non troppo difficili da raggiungere: sarà più facile organizzare l’allenamento e ti sentirai più stimolato.

4)  Se sei in compagnia, cerca di non farti “trascinare” dagli altri: ricorda che sforzi troppo intensi senza un’adeguata preparazione possono essere pericolosi per cuore e articolazioni.

5)  Scegli attività che ti soddisfano e cerca di variarle il più possibile, magari alternandole periodicamente. Avrai così più stimoli, eviterai la noia e allenerai diverse parti del corpo.

6)  È importante saper gestire fatica e dolore: far fatica e sentire qualche piccolo indolenzimento mentre si fa sport è normale, ma è importante imparare a capire quando si tratta di uno sforzo o un fastidio fisiologico, e quando invece è eccessivo. Se ti senti eccessivamente stanco o senti dolore, fermati e riposati.

7)  Prima di cominciare l’attività aerobica, esegui un breve riscaldamento muscolare e, una volta terminata, non dimenticare qualche esercizio per sciogliere i muscoli.

L’attività fisica non è solo sportiva o programmata: a volte è sufficiente cambiare alcune abitudini ed essere un po’ meno pigri, magari prendendo spunto da questi semplici accorgimenti:
-  Smetti di utilizzare l’ascensore. Se i piani sono molti e/o l’età non è più verde, si può scegliere di scendere uno o due piani sotto il piano desiderato e utilizzare le scale per raggiungerlo.
-  Spostati a piedi, ove possibile, anche per accompagnare i tuoi figli a scuola: farai così movimento, e insegnerai loro a farlo, dando il buon esempio. 

Alternativa soft: 
- invece di stressarti nella ricerca del parcheggio più vicino al posto di lavoro, lascia l’auto più lontano del solito o, se utilizzi mezzi pubblici, scendi qualche fermata prima rispetto a quella abituale.
-  Invece di prendere l’auto, acquista un carrellino per trasportare la spesa fino a casa.
-   Anche andare a ballare (a tutte le età!), stirare stando in piedi, spolverare e giocare con figli, nipoti o bambini di amici sono ottimi esercizio fisici.
-   Anche la buona vecchia scopa aiuta a bruciare calorie, ove possibile è buona norma preferirla all’ aspirapolvere.

Buon allenamento!




Fonte: autori vari

l’Oceano Artico è sempre più acido: “L’intero ecosistema è a rischio”

Si chiama acidificazione ed è il cambiamento a livello chimico di mari e oceani dovuto a un maggiore assorbimento di anidride carbonica. Il fenomeno si sta rapidamente diffondendo anche nell’Oceano Artico occidentale, con tutte le preoccupanti conseguenze per molluschi e forme di vita marina. Questo è quanto emerge da uno studio internazionale pubblicato su Nature Climate Change e a cui hanno collaborato università e istituti di ricerca cinesi, americani e svedesi.

Ambiente, l’Oceano Artico è sempre più acido: “L’intero ecosistema è a rischio”

La ricerca evidenzia come in circa 15 anni – tra la metà degli anni Novanta e il 2010 – le acque acidificate si siano estese per circa 300 miglia nautiche dall’estremità nord-occidentale dell’Alaska fino ad appena sotto il Polo Nord. Non solo: l’acidificazione si è estesa anche più in profondità, da circa 100 a 250 metri. “L’Artico è il primo oceano dove osserviamo un aumento dell’acidificazione delle acque così rapido e su vasta scala, due volte più veloce rispetto all’acidificazione osservata negli oceani Pacifico e Atlantico”, spiegano i ricercatori Wei-Jun Cai e Mary A.S. Lighthipe dell’Università del Delaware. Questa rapida acidificazione dell’Artico occidentale “ha conseguenze sulla vita marina”, aggiunge Richard Feely, scienziato della Noaa (l’Associazione Nazionale Oceanica e Atmosferica) e co-autore della ricerca. “In particolare su vongolecozze e piccole lumache di mare che potrebbero avere difficoltà nel mantenere i loro gusci“: questi sono infatti costituiti da carbonato di calcio, che si scioglie con un Ph più acido dell’acqua.
Il pericolo è quello di un effetto a catena, perché i molluschi sono un anello chiave della catena alimentare dell’Artico, fondamentali ad esempio per la dieta di salmoni e aringhe. Il loro declino avrebbe un impatto su tutto l’ecosistema marino, avvertono gli scienziati. L’acidificazione è solo una delle tante minacce nei confronti degli oceani, già compromessi da surriscaldamento globale e inquinamento. Proprio la scorsa settimana l’Onu ha lanciato la campagna #CleanSeas contro la plastica che inquina i mari.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/28/ambiente-loceano-artico-e-sempre-piu-acido-lintero-ecosistema-e-a-rischio/3422547/

giovedì 2 marzo 2017

Devitaliziamoli

Essendo, come diceva Leo Longanesi, dei buoni a nulla capaci di tutto, i nostri politici stanno spendendo un capitale per acquistare la corda a cui qualcuno li impiccherà. La nostra proposta di riforma dei vitalizi, o come diavolo si chiamano adesso, serve più a loro che a noi. Il risparmio non sarebbe stratosferico e non aiuterebbe a ridurre il debito pubblico, né la spesa pubblica, né tutto il resto. Non è una questione di soldi, ma di principio. Un principio chiamato equità. Una classe politica ai minimi storici di credibilità, anzi la più sputtanata del pianeta, che approva continue riforme previdenziali, vieppiù allungando l’età pensionabile e assottigliando gli assegni, dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza e una sul portafogli, convocare d’urgenza gli uffici di presidenza delle due Camere e approvare subito, all’unanimità, quei quattro ritocchi al regolamento che abbiamo suggerito. Possibilmente prima di settembre, quando scatterà il trattamento privilegiato per lorsignori. Così potranno decidere la data delle elezioni senza il sospetto di inseguire il proprio tornaconto. Invece è bastato che i 5Stelle si intestassero la riforma, con una proposta che peraltro ignora i privilegi degli ex parlamentari, molto simile a quella presentata due anni fa dal renziano Matteo Richetti, per scatenare la solita cascata di dichiarazioni demenziali. Breve florilegio.
Giuseppe Lauricella (Pd). “Il referendum del 4 dicembre ha già dimostrato che, nonostante la riduzione del numero dei senatori, gli elettori hanno fatto una scelta diversa. Eviterei di incentrare la nostra posizione sul tema lanciato dai 5Stelle, mi concentrerei su questioni più urgenti”. Lauricella è alla prima legislatura: se nulla cambia di qui a settembre, a 65 anni (contro i 67 e mezzo di noi comuni mortali) porterà a casa una pensione di 900 euronetti con 5 anni o meno di contributi versati. Comprendiamo il suo sgomento al pensiero che ciò non accada, ma suggeriremmo di lasciar perdere il referendum: se si fosse votato solo per tagliare i senatori, il Sì avrebbe vinto col 101%. Se ha straperso è perché i senatori non li avremmo più eletti noi, ma li avrebbero scelti i Lauricella. Quanto ai problemi più urgenti, i benaltristi ne troveranno sempre uno utile a rinviare la soluzione di qualcun altro: ma, di grazia, cos’ha impedito al Pd, che governa ininterrottamente dal novembre del 2011, di risolverli?
Roberto Formigoni (Ncd). “I vitalizi non esistono più dal 2012. Bisogna uscire dalla demagogia e dal populismo, altrimenti ci ritroveremmo un Parlamento di ricconi e di miliardari”.
I vitalizi esistono ancora, solo che ora seguono il sistema contributivo, con l’aggiunta di vari privilegi. Che Formigoni non ci faccia molto caso, è comprensibile: sia perché ha fatto voto di povertà (infatti i giudici che l’han condannato a 6 anni in primo grado per corruzione gli hanno sequestrato appena 6,6 milioni di euro). Sia perché, se la condanna diventasse definitiva, la pensione gli verrebbe revocata. Incuriosisce però quell’accenno al Parlamento dei ricconi: parla di se stesso, o del padrone che ha servito servilmente per vent’anni per poi mollarlo dopo la condanna(quella del padrone, non la sua)?
Lucio Malan (FI). “È una cosa surreale: la gente chiede lavoro, sicurezza e pulizia nelle strade”. Vero. Ma sfugge il motivo che impedirebbe alla gente che vuole lavoro, sicurezza e strade pulite di pretendere anche parità di pensioni per i parlamentari e per i comuni mortali.
Lia Quartapelle (Pd). “I 5Stelle fanno tanti annunci, ma poi non fanno accordi su nulla. Se volessero cavalcare l’onda populista per tornare al voto domani, ci sarebbe un’altra strada: sedersi al tavolo con noi e scrivere una nuova legge elettorale”. Anche la nuova legge elettorale è un’ottima cosa, ma che c’entra con i vitalizi? Anzi, che c’entrano i 5Stelle? Se il Pd ha presentato con Richetti una proposta analoga sulle onorevoli pensioni, e Renzi ha chiesto di votare subito per non far scattare i vitalizi, perché non fa pesare la sua maggioranza e non vota la riforma, sfidando gli altri ad approvarla?
Fausto Bertinotti (ex Prc). “A un signore di 90 anni la cui vita dipende solo dal vitalizio, secondo voi glielo si può togliere per lasciarlo così, senza alcun sostentamento?”. Non sappiamo chi sia quel signore di 90 anni. Casomai si trattasse di Bertinotti fra 13 anni, la nostra proposta gli garantisce 5 mila euro al mese: ce la può fare perfino lui.
Alessia Morani (Pd). “I 5Stelle pensano di fare copia e incolla della proposta Richetti. Che le pensioni dei parlamentari debbano essere equiparate a quelle di tutti gli altri lavoratori lo diciamo da tempo e dove governiamo l’abbiamo anche messo in pratica”. Siccome i pidini governano l’Italia e hanno la maggioranza in Parlamento, perché accusano i 5Stelle di non aver approvato una proposta che non hanno mai approvato neppure loro?
Alessia Rotta (Pd). “Di Maio di cosa parla? Di Quarto, dei soliti giochini con le mail o con le chat? Piuttosto Di Maio ci spieghi meglio la vicenda Muraro o quella di Marra. Potrebbe chiedere scusa anche a Berdini, reo di aver detto la verità sulla giunta e sulla sindaca”. Noi, che pure abbiamo un debole per l’argomentare cartesiano della Rotta, stentiamo a cogliere l’attinenza dei casi Quarto, Muraro, mail, chat, Marra e delle frasi sessiste di Berdini (tanto piaciute alla signora deputata) con i vitalizi dei parlamentari. Ma dev’essere un nostro limite. Intanto ci sale un’inguaribile nostalgia per i berluscones che, a qualsiasi obiezione su qualsivoglia questione, rispondevano, a scelta: “E Stalin?”, “E Mao?”, “E Pol Pot?”, “E Castro?”. Un Gasparri, al confronto, è Voltaire.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/devitaliziamoli/